Si ringrazia la RAI radiotelevisione italiana s.p.a. per la gentile concessione della riproduzione di brani della trasmissione
La vita in diretta del 18 maggio 2009, cui ha partecipato la signora Annarita Crispo.
La concessione alla riproduzione dei brani esclude in qualsiasi modo l’utilizzo commerciale degli stessi.

 

CRONACA E CRITICA
di un' apparizione in TV

In apertura di trasmissione, il conduttore mi presenta con nome e cognome, nulla di più.
Subito dopo introduce “il professor Armando De Vincentiis che è stato nostro ospite in altre occasioni, che è psicologo e psicoterapeuta del CICAP, del Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale”.

Sono avvertita, se per caso mi venisse in mente una qualsiasi affermazione fasulla, il CICAP controlla. Evidentemente questo è il ruolo del personaggio al mio fianco.
Curioso ... controllando, non risulta che il De Vincentiis figuri tra i rappresentanti del CICAP, che ne pubblica l’elenco completo precisando: “Purtroppo è già capitato qualche volta che alcuni aderenti si siano presentati ai media come rappresentanti del Cicap”...
Certo, in questa occasione abbiamo soltanto una presentazione vaga e facilmente equivocabile, ma ugualmente mi meraviglia il silenzio del nostro psicologo, che tacendo acconsente al malinteso.
Quis custodes custodiet?
(Chi custodirà i custodi?)
Va be’, sorvoliamo. Qui non si tratta di controllare il controllore, ma le affermazioni sul paranormale.
A questo punto tocca a me fornire la materia prima, avanti con le affermazioni sul paranormale. Altrimenti che senso ha scomodare il CICAP?
Che infatti non si è scomodato per niente.
Intendo dire che nessun cicappino, in questa sede o altrove, ha prestato minima attenzione alla mia persona, all’esperienza che condivido con mio marito, ai due libri che ne illustrano ogni minimo particolare, alle opinioni espresse da quanti hanno studiato in profondità i fatti, nonché gli antecedenti e gli esiti della nostra vicenda.
Dunque eccomi qua: la signora paranormale. Nessuno spiega chi sono, solo la telecamera racconta che ho una certa età, modi educati, un aspetto sereno.
In attesa dell’affermazione paranormale, il conduttore dice qualcosa che mi fa piacere:
“Suo figlio, voi, eravate, siete immagino ancora quella che la gente pensa sia una famiglia modello, una famiglia straordinaria... Dopodichè ?”

Dopodichè –rispondo- questi due libri, che non sono due libricini. Sono firmati da mio figlio perché sono scritti da lui ...

Vorrei che non ci si interrogasse tanto sul come questi due libri sono stati scritti, ma su quello che c’è scritto dentro. Allora veramente possiamo fare un discorso”.
Non è questo che interessa: “Perché non vorrebbe che si parlasse ...”
“No, non che non vorrei, però la considero la cosa meno importante. Di fronte a qualunque testo ci interroghiamo su quello che contiene, su quello che dice, se ci piace, se no, se è scritto bene”. Come è normale, vorrei aggiungere. Nessuno dei presenti ha letto i libri di Emilio, dunque si svicola:
“Però questi sono libri straordinari, comunque la si pensi”. “Indubbiamente sì”.
E' inquadrato un totale dello studio, la sfumatura polemica si perde. Valutare i contenuti? Che pretese!
“Per cui, se li ha scritti suo figlio dall’aldilà, e li ha scritti attraverso la sua mano, se non sbaglio lui ha dettato alla sua mano?”. Racconto e spiego brevemente cosa è successo nei primi tempi e con quale stato d'animo li abbiamo vissuti.
"Lei ha mai sottoposto questa sua esperienza, non dico all'analisi ma quantomeno al parere, con il suo medico, con medici..." .
" Mio marito è medico, un professore di una certa esperienza. Per sua iniziativa, abbiamo sottoposto la nostra storia e i fenomeni che l'accompagnano a due diverse verifiche, medico-scientifica la prima, teologico religiosa la seconda".
Nomino autori e titoli professionali, espongo i termini e le modalità delle indagini, infine il parere conclusivo, che
si è pronunciato per iscritto a favore della nostra salute e dell'ortodossia religiosa degli scritti.

Compare sullo schermo una didascalia. In regia la chiamano sottopancia. Buffo, vero? Il sottopancia dice: “Il mio angelo è sempre con me”. Verrà ripetuto ventiquattro volte. Le ho contate, in meno di dieci minuti sono proprio 24.

Questa frase che ci accompagna ossessivamente è un’affermazione sul paranormale? Non saprei, io non l’ho detta, né è scritta nei libri di Emilio. Immagino che sia stata formulata con buone intenzioni e persino affettuosamente, tuttavia senza riflettere che il linguaggio televisivo si esprime nell’insieme degli elementi di cui fruisce lo spettatore. Che in questo caso è indotto a interpretare la mia personalità in una chiave sentimentale e un po’ visionaria che non mi appartiene. Il mio sottopancia si sovrappone anche al De Vincentiis.

Ma, francamente non mi sento coinvolta nella sua la psico-arringa; una vera e propria insalata di parole, come si dice in psichiatria. Perciò non reagisco alle offese, alle contraddizioni e alle illazioni che vengono snocciolate con incosciente disinvoltura.
Non mi viene mai restituita la parola e posso commentare l’affanno di questa arrampicata sugli specchi solo con un sorriso amaro. La concitazione dell’oratore e i tempi televisivi mi concederebbero al massimo una piccola, inutile, squallida rissa, alla quale mi sottraggo volentieri.

Ma in questo spazio possiamo esaminare con calma gli argomenti con i quali “scientificamente” si pretende di contestare la reale consistenza dei due libri di Emilio, la nostra reale esperienza di vita, la reale onestà e correttezza del nostro comportamento.
Lo faremo con ordine e, se vorrete seguirmi, insieme.

Il De Vinceentis dice:

“Ovviamente con tutto il rispetto (sic) per l’esperienza della signora, che ha sicuramente trovato un modo creativo (sic) per vincere (sic)
ed elaborare il lutto”.
(sic)

Come si permette, senza conoscermi e senza sapere nulla di me, di stabilire che cosa “sicuramente” ho fatto quattordici anni fa, in quale modo e a quale scopo? Creativo di che? Vincere che cosa?
Evidentemente non ha la più pallida idea del significato delle parole che sta pronunciando, prima tra tutte la parola “rispetto”.

Per elaborazione del lutto si intende la messa a punto di un insieme di modi per contrastare la depressione conseguente a una morte (qualora tale patologia si verifichi). Il processo conduce a collocare mentalmente nel passato l’oggetto della perdita e a lasciarlo definitivamente. La cosa perduta sarà trasformata in ricordo e così pure il legame con essa. In altre parole, per gestire il trauma di una morte, si procede al potenziamento dell’io e dell’istinto di sopravvivenza, fino all’abbandono dell’amato, ormai morto e sepolto.
A questo punto sarà chiaro il mio rifiuto di un simile concetto, che ritengo grossolanamente sbagliato. Oltre che del tutto privo della più elementare forma di sensibilità umana.

“Tuttavia da un punto di vista scientifico (sic) è possibile fare un paragone con altre esperienze senza far appello ovviamente a fenomeni sovrannaturali. Addirittura alcuni psicoterapeuti (sic) utilizzano la scrittura automatica proprio come tecnica terapeutica (sic) per ottenere dei messaggi, ma dei messaggi dell’inconscio del paziente stesso. Ossia il paziente scrive in modo automatico (sic) inconsapevole (sic) e scrive e fa affermazioni che provengono da se stesso e che non hanno nulla a che fare con il mondo esterno; e il fatto che la calligrafia possa essere identica non ha importanza, questo può essere riprodotto, viene riprodotto (sic) in altre occasioni".

Punto di vista scientifico, di chi? Tecnica terapeutica, di che tipo? L'oratore fa seguire all'iperbole un'omissione grave, sintomo inconfondibile di malafede.
Ora, scomodare la scienza appare perlomeno esagerato, visto che negli ambienti competenti le teorie psicologiche non sono del tutto accreditate come scientifiche; ma ben più grave appare quanto detto o, meglio, quanto taciuto in seguito. Purtroppo è vero che alcuni utilizzano la scrittura automatica come tecnica psicoterapeutica. Ma il De Vincentiis omette il dato fondamentale, cioè che il soggetto, anzi
"il paziente", si trova sotto ipnosi e la scrittura è indotta dall’ipnotizzatore. Avete capito bene: A me gli occhi. Dormi, dormi, fai come ti dico io, quando lo dico io. Non aggiungo altro, solo una domanda.
"La calligrafia identica non ha importanza, questo può essere riprodotto, viene riprodotto in altre occasioni" ? E da chi? Probabilmente da un imbroglioncello da quattro soldi, non si sa se sdraiato o seduto, se in trance o sveglio, se vittima o artefice del trucco.

"Cioè il problema sta proprio in questo, il contatto con l’aldilà viene addirittura dimostrato anche attraverso altre tecniche, oltre a quella della penna, come la tecnica del bicchierino, le sedute spiritiche. Ma se si fanno degli esperimenti (sic), degli esperimenti in cieco, proprio come vengono fatti gli esperimenti in ambito scientifico (sic) per utilizzare per osservare l’efficacia dei farmaci, si vede che il meccanismo non accade più. Per esempio con la famosa tecnica del bicchierino c’è gente che scrive e ottiene dei messaggi. Se le lettere sono sparse e non sono messe più nello stesso ordine o la gente è bendata, il fenomeno non avviene, il fenomeno non si ripete; questo cosa dimostra? Dimostra (sic) esattamente (sic) che i messaggi che provengono, provengono dall’inconscio delle persone e sono scritti in modo del tutto automatico, in modo inconscio".

Se si fanno esperimenti, e sottolineo il se, prima di qualificarli come scientifici occorre dichiarare chi li ha fatti, dove e quando, su quali soggetti viventi, presso quale istituto; occorre precisare dove sono stati pubblicati e da quali riviste scientifiche sono stati presi in considerazione.
Altrimenti sono parole, parole, parole. Sono parole inutili e sgradevoli, perché sembrano voler convincere con il mezzuccio della soggezione intellettuale. Ma non tutti si lasciano intimidire.
Esperimenti in cieco? Sicuro! "Se la gente è bendata, il fenomeno non avviene". (Cieco=bendato! Non ci posso credere).
Accecati da una trave, da una pagliuzza o da un fascio di ogni erba? Il temerario allarga il campo: spiritismo, bicchierino. Ah ... il famoso bicchierino! Di rosolio? Quante volte? Attenzione, quando si esagera un certo fenomeno si ripete sempre, nel solito modo automatico tipico dell’incosciente.
“Questo cosa dimostra? Dimostra esattamente” che alcune affermazioni sul paranormale sembrano davvero poco serie e tutt’altro che genuine. Chi le ha pronunciate se ne assuma la responsabilità, ove a qualcuno venga in mente di effettuare un controllo.

Fine del primo blocco. Il tempo stringe, incombe lo stacco pubblicitario.
Il monologo del De Vincentiis si conclude senza applausi. Da parte mia, sono contenta di non aver aperto bocca, d’altronde la cosa non mi riguardava affatto. Lascio dunque tutto il rammarico alla psicologia, alla scienza ed eventualmente al Cicap.

Seconda parte

Saltiamo l’intervista alla signora Grazia. Riguarda l’esperienza del coma e il ritorno alla condizione vigile. Il suo racconto descrive ciò che diversi altri riferiscono in questi casi: l’osservazione del proprio corpo dall’alto, l’attraversamento di un tunnel senza vento, l’arrivo nella luce e il ritorno alla coscienza. Grazia descrive tutte queste cose pacatamente, ma soprattutto le interessa parlare dei sentimenti che ha provato e che tutt’ora fanno intensamente parte di lei: “Alla fine del tunnel mi sono trovata nella luce. Questa luce mi ha accolto con infinito amore, mi ha abbracciato con amore. E’ stata un’esperienza indimenticabile, questa luce è la fonte della vita, è l’infinito, è l’amore, un amore immenso, totale, un amore che non esiste sulla terra. ...Dolorosamente sono tornata indietro, ero finalmente a casa e dovevo tornare indietro ... perché avevo due bimbi piccoli, tutto il resto non aveva più importanza alcuna... Ho pianto di disperazione, perché capivo di essere tornata sulla terra. In quel momento per me era inaccettabile. Ho faticato molto, ho impiegato anni ed anni per apprezzare la vita come quel dono magnifico che è. In quel momento io non ero in grado di capire”.

La scienza come spiega un fenomeno come quello raccontato dalla signora?
De Vincentiis dispensa nozioni e certezze scientifiche che nemmeno gli specialisti possiedono.

Il conduttore mi legge negli occhi.
Perché mi guarda così?

"Perché lui ha detto che il racconto della signora riproduce elementi che fanno parte della sua cultura. Mi ha colpito perché ..."

De Vincentiis non vuole sapere perché. Subito mi interrompe e va avanti imperterrito,
concitato e incalzante.

Il restringimento del campo visivo è un fenomeno fisiologico universale (sic) ...
Il racconto viene fatto dopo ...
(se fosse fatto prima, allora sì, sarebbe veramente paranormale!)
Ovviamente se non si hanno quel minimo di conoscenze di fisiologia, di fisiopatologia, non si possono interpretare (sic) determinati fenomeni, anche l'epilessia del lobo temporale, o lesioni di alcune regioni del cervello ... danno delle esperienze simili (sic), com'è ad esempio l'esperienza di distacco dal proprio corpo.
... un esempio rapido ...

L'esempio proprio non me la sento di trascriverlo, anche se mi piacerebbe sapere titoli, autori ed editori dei "molti libri di psichiatria autorevoli" che lo riportano.  Vorrei tornare sul tema del contesto culturale nel quale ognuno di noi si trova immerso. Il De Vincentiis sostiene:

"Così come funziona, la memoria è un processo di ricostruzione, non di. La memoria non è una fotografia, ma un processo di ricostruzione. Per cui nel suo racconto ha immesso all'interno elementi che fanno parte della sua cultura e elementi che lei conosce sul fenomeno".
Il racconto in questione è quello di Grazia, che avrebbe ricostruito la memoria dell’evento all’interno della propria cultura e conoscenza del fenomeno. In realtà, all’epoca dei fatti, circa trent’anni fa, non erano poi così noti questi episodi cosiddetti di pre-morte (Raymond A. Moody jr. -La vita oltre la vita, Oscar Mondadori 1980), per cui non si può dare per scontato che Grazia ne avesse sentito parlare. Inoltre nulla è stato detto della sua cultura familiare, sociale, scolastica e infine religiosa. In questa condizione di ignoranza delle notizie essenziali, la pretesa di stabilire una relazione causa-effetto denota chiaramente il pregiudizio. Infatti tale si dimostra ogni affermazione (paranormale o meno) non fondata su dati dichiarati e certi.

Perciò avrei voluto offrire uno spunto di riflessione, così, tanto per ricondurre la conversazione a un minimo di correttezza.
Avrei voluto dire perché, nell’auto-indagine sulla mia personale esperienza, ero arrivata ad escludere suggestioni derivate dalla conoscenza di esperienze simili. Infatti non mi ero mai interessata di fenomeni paranormali e all’epoca non ne sapevo nulla. Altrettanto posso affermare per quanto riguarda mio marito, che tutt’ora non ha trovato il tempo e la voglia di informarsi in merito.
Dopo la morte di Emilio avevamo ricevuto in dono un libro di Moody e un altro paio di testi sulla vita dello spirito. Nel Diario di un Angelo è scritto esattamente di quali libri si tratta e quando e quanto ne abbiamo letto. In Cielo che poesia è riferito esattamente con quale stato d’animo abbiamo vissuto e viviamo il dono delle lettere di Emilio. Ci sembra che chiunque voglia indagare non possa fare a meno di queste informazioni. Avrei voluto offrirle anche al De Vincentiis, se mi avesse lasciato parlare.
E poi gli avrei fatto una domanda: Anche io ho subito un trauma cerebrale con tanto di "restringimento del campo visivo che è un fenomeno fisiologico universale". E’ successo a poco più di un anno dalla morte di mio figlio. Vediamo se indovina, la mia memoria come ha ricostruito quei momenti?
Lo avrei chiesto a cuor leggero perché la risposta è già scritta e stampata. Chiunque può controllare.
Intanto mi accontenterò di aver dimostrato la sincerità di una testimonianza, che non vuole prevaricare o convincere scettici o agnostici, ma sa confrontarsi con chiunque, anche con chi prova ad irridere tutto l’amore che la ispira e che diffonde intorno a sé.

Il tempo è scaduto, restano solo pochi secondi: Posso chiederle un'ultimissima cosa? Quando è l'ultima volta che suo figlio si è manifestato attraverso la sua mano?

Domenica, ieri. Ha scritto concetti molto dolci, molto teneri sull'amore di Dio. E' una lettera che ci ha molto intenerito perché quasi mai, da anni, queste le lettere riguardano noi personalmente. Invece in questo caso era così. Era una testimonianza dell'amore di Dio rivolto a noi come l'amore di un buon padre, che si preoccupa del destino dei suoi figli.

La mamma di Emilio

" Per tutti coloro che hanno bisogno di un minimo di conforto per continuare a credere, e per tutti quegli increduli che hanno bisogno di un pur minimo dubbio per cominciare a scuotersi dalla propria indifferenza." (Emilio, 15 febbraio 1998)